domenica 3 luglio 2011

Chi erano le "figlie di Gerusalemme" ?


Nel racconto della passione fatto dell’evangelista Luca, vengono menzionate un gruppo di donne che seguono Gesù mentre egli porta la croce fino al Golgota: 
“Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui.Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli”. (Luca 23,27-28)
Chi sono le "figlie di Gerusalemme"? Si tratta delle donne che fanno parte della cerchia dei discepoli alla sequela di Gesù citate più volte nei vangeli? Possiamo cogliere, in realtà, in questo piccolo particolare messo dal solo Luca, un indizio storico che dimostra l’autenticità del passo.
Vengono quindi chiamate “figlie di Gerusalemme”, ovvero donne che abitavano a Gerusalemme e sembra che l’evangelista Luca voglia alludere ad un gruppo ben preciso di donne distinto dalle discepole che seguivano gli apostoli e Gesù.
 Come arriviamo a questo? Leggiamo dai testi ebraici della Sanhedrin che vi era a Gerusalemme un gruppo di nobildonne che, mosse da sentimenti di pietà, si prefiggevano di assistere i condannati a morte nei loro ultimi momenti di vita. Oltre a dare un conforto morale, le appartenenti a questa pia congregazione davano al condannato del vino con dell’incenso mescolato, che aveva funzione di anestetico, alleviando così le sue sofferenze. Commenta Abraham Cohen, rabbino capo della comunità ebraica di Birmingham, nel suo testo “Il Talmud(Ed. Laterza, pag. 380): “l’agonia dei giustiziati veniva alleviata con la somministrazione di una bevanda capace di produrre uno stato di stupefazione”. Dice, infatti, il trattato del Sanhedrin:“A chi esce per venire giustiziato si dà un grano di incenso in una coppa di vino in modo da intorpidire i sensi; come è detto ‘Date bevanda inebriante a chi è pronto a morire e vino agli amari di anima’ (Prov. 31,6). È stato insegnato che in Gerusalemme delle donne pietose usavano offrire volontariamente questa pozione; se, però, non la offrivano, si suppliva coi fondi pubblici. Sanh. 43a)”. Molto verosimilmente quelle “figlie di Gerusalemme” appartenevano, allora, a questa associazione, e i loro pianti indicano certamente che già conoscevano Gesù, almeno di fama.
Marco riporta come, prima di crocifiggere Gesù, “gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese” (Marco 15,23).
Alla luce di quello che abbiamo detto, si comprende, allora, cosa ci faceva sul luogo della crocifissione  quel “vino mescolato con mirra”: si trattava appunto,  dell’anestetico che veniva preparato dal gruppo di nobildonne “consolatrici” di Gerusalemme di cui parla il Sanhedrin per essere somministrato al condannato a morte ed alleviare così i suoi atroci dolori.
Concludiamo con un brano tratto da “Vita di Gesù Cristo” di Ricciotti a proposito delle figlie di Gerusalemme:

« La loro pietà fu contraccambiata da Gesù con pietà di egual genere. Spingendo nuovamente lo sguardo verso la prossima distruzione di Gerusalemme, Gesù contemplò lo strazio che avrebbero sofferto le donne e le madri durante quella catastrofe, e si accomunò per pietà al dolore materno preammonendone le future vittime; perciò disse alle sue consolatrici: Figlie di Gerusalemme, non piangete su me, piuttosto su voi stesse piangete e sui vostri figli, perché ecco vengono giorni in cui si dirà:”Beate le sterili, e i ventri che non generarono e le mammelle che non nutrirono!”. Allora cominceranno a dire alle montagne: « Cadete su noi! » e alle colline: « Ricopriteci! » (cfr. Osea, 10, 8). Poiché se in un legno verde si fanno queste cose, in quello secco che avverrà? (Luca, 23, 28-31).

Se nel condannato innocente avvenivano quei fatti che le pie donne deploravano in quel giorno, che cosa sarebbe avvenuto un quarantennio più tardi quando la catastrofe di Gerusalemme avrebbe travolto una nazione peccatrice, un popolo aggravato d'iniquità, una stirpe di malvagi, figli di perdizione, come si era espresso Isaia (1, 4)? Quando il corteo giunse al luogo del Cranio si procedette senz'altro alla crocifissione dei condannati. A Gesù, e certamente anche ai due ladroni, fu offerto del vino mescolato con mirra ch'era giudicato adatto a intorpidire i sensi; ma egli appena vi ebbe apposte le labbra lo rifiutò, volendo con piena coscienza bere fino all'ultima goccia il calice assegnatogli dal Padre celeste.»