martedì 17 maggio 2011

Il Codice di Hammurabi


Il Codice di Hammurabi è una fra le più antiche raccolte di leggi conosciute nella storia dell'umanità. Venne stilato durante il regno del re babilonese Hammurabi (o Hammu-Rapi), che regnò dal 1792 al 1750 a.C., secondo la cronologia media.
Questa raccolta di 282 sentenze del re Hammurabi di Babilonia fu scolpita su di una stele in diorite, roccia molto resistente, alta circa 204 cm, e venne rinvenuta verso la fine dell'Ottocento nella città di Susa [(Shush) capitale amministrativa della Contea di Shush, nella provincia iraniana di Khūzestān]. Si ritiene che fosse originariamente esposta nella capitale, e che sia stata trasportata sul luogo del ritrovamento come bottino di guerra dall'esercito elamita. Attualmente si trova a Parigi, nel Museo del Louvre. Una copia si trova al Pergamonmuseum a Berlino.
Il corpus legale è suddiviso in capitoli che riguardano varie categorie sociali e di reati, e abbraccia in pratica tutte le possibili situazioni dell'umano convivere del tempo, dai rapporti familiari a quelli commerciali ed economici, dall'edilizia alle regole per l'amministrazione della cosa pubblica e della giustizia. Le leggi sono notevolmente dettagliate, e questo ha fornito un aiuto prezioso agli archeologi, consentendo loro di ricostruire importanti aspetti pratici della società mesopotamica. L'importanza del codice di Hammurabi risiede certo nel fatto che si tratta di una delle prime raccolte organiche di leggi a noi pervenuta, ma soprattutto nel suo essere pubblico, o per meglio dire pubblicamente consultabile, esplicitando il concetto giuridico della conoscibilità della legge e della presunzione di conoscenza della legge.
Il cittadino babilonese aveva perciò la possibilità di verificare la propria condotta secondo le leggi del sovrano, e quindi di evitare determinati comportamenti, o di scegliere di attuarli a suo rischio e pericolo. Per la prima volta nella storia del diritto, i comportamenti sanzionabili e le eventuali pene vengono resi noti a tutto il popolo (o almeno a chi fosse in grado di leggere).
Il codice fa un larghissimo uso della Legge del taglione, ben nota nel mondo giudaico per essere alla base del decalogo mosaico. La pena per i vari reati è infatti spesso identica al torto o al danno provocato: occhio per occhio, dente per dente. Ad esempio la pena per l'omicidio è la morte: se la vittima però è il figlio di un altro uomo, all'omicida verrà ucciso il figlio; se la vittima è uno schiavo, l'omicida pagherà un'ammenda, commisurata al "prezzo" dello schiavo ucciso. Il codice suddivide la popolazione in tre classi:
  • awīlum (lett. "uomo"), cioè il cittadino a pieno titolo, spesso nobili e paragonabili agli ateniesi della Grecia classica,
  • muškēnum, uomo "semilibero", cioè libero ma non possidente e paragonabili ai perieci spartani della Grecia classica(in seguito la parola passò a definire un povero o mendicante, e pare che sia all'origine dell'attuale termine "meschino", arabo maskîn),
  • wardum (fem. amat), a tutti gli effetti schiavo di un padrone, ma con molte analogie con i servi della gleba medievali.
Le varie classi hanno diritti e doveri diversi, e diverse pene che possono essere corporali o pecuniarie. Queste ultime sono commisurate alle possibilità economiche del reo, nonché allo status sociale della vittima.
Non viene riconosciuto nel Codice il diritto di responsabilità personale, ossia la pena non è differente a seconda che il danno commesso sia volontario o colposo. Un esempio classico è l'architetto che progetta una casa; se essa crolla e uccide coloro che vi abitano, la colpa è di chi l'ha progettato, e la pena è come se egli avesse ucciso di persona le vittime.
Il Codice di Hammurabi sembra crudele alla nostra sensibilità e al nostro senso di giustizia, ma dobbiamo ricordare che rappresenta comunque un enorme passo avanti per l'umanità per uscire dalla sua originaria oralità-auralità mnemonica poco precisa e poco definita, sia verso una primitiva democratizzazione della società, sia come testimonianza storica, che per il riconoscimento intrinseco delle disparità socio-economiche esistenti già all'epoca fra le varie classi, sanzionate nello stato di diritto.
L'impostazione basata sulla legge del taglione modifica il pensiero giuridico dominante nel periodo precedente, attestato dal Codice di Ur-Namma, che prevedeva per alcuni reati semplici sanzioni pecuniarie invece di quelle fisiche. È possibile che questo cambiamento sia da attribuire alla diversa composizione della popolazione sud mesopotamica del periodo: nel XXI secolo a.C., data a cui risale il codice di Ur-Namma, i sovrani erano ancora di origine sumerica e la popolazione accadica era solo una parte, sebbene importante, del totale; nel XVIII secolo a.C. gli Accadi, semiti, erano ormai la maggioranza e le stesse leggi vennero scritte in akkadico anziché in sumerico.

Ur-Nammu, o anche Ur-Namma, Ur-Engur, Ur-Gur (...), è stato un re sumerico di Ur che regnò tra il XXII e il XXI secolo a.C..
Il suo regno durò circa diciotto anni (secondo la cronologia media dal 2112 al 2095 a.C., secondo la cronologia corta dal 2047 al 2030 a.C.). Fu il fondatore della Terza dinastia di Ur.
Ur-Nammu inizialmente governò Ur come ensi (ossia governatore) nominato dal re di Uruk che aveva sconfitto i Gutei, Utukhegal. Dopo la morte di quest'ultimo, si proclamò re di Ur e sottomise Uruk e le altre città della Mesopotamia meridionale e fece di Ur la capitale di un vasto regno. L'unico episodio bellico esplicitamente attestato (nel prologo al codice tramandato a suo nome) riguarda la sua vittoria su Nammahani, l'ensi di Lagash e Umma che aveva collaborato con i Gutei. Poiché però iscrizioni con il suo nome sono state trovate fino a Tell Brak, in Siria settentrionale, dobbiamo supporre che abbia condotto campagne militari estendendo notevolmente lo stato verso nord.
Ur-Nammu si proclamò "re di Ur, re di Sumer e di Akkad", titolo che fu conservato dai suoi successori e sembra voler riconoscere la parità tra le due componenti etnico-linguistiche dello stato: il sud sumerico e il nord accadico.
Con Ur-Nammu inizia la costruzione dello stato centralizzato che sarà portata a termine dal figlio Shulgi. Egli non riunisce in sé le regalità delle varie città, ma nomina governatori di sua fiducia per governarle.
Tra le tante opere edilizie realizzate (Ur fu quasi ricostruita ex novo) vi sono molti templi: non solo la grande ziggurat di Ur (e la sua stele, di cui rimane qualche frammento), ma anche templi eretti in altre città agli dei locali. Ur-Nammu curò in modo particolare la manutenzione del sistema dei canali e bonificò zone paludose. Durante il suo regno fu anche organizzato un catasto generale di tutto lo stato.
Ur-Nammu è ricordato soprattutto per il suo codice di leggi, il più antico fino ad oggi conosciuto, che precede di tre secoli quello di Hammurabi. Il codice, oltre a prevedere le pene per diversi reati, stabilisce le misure standard di capacità e di peso. Attualmente diversi studiosi, sulla base soprattutto di indizi grammaticali, propendono tuttavia ad attribuire il codice al figlio di Ur-Nammu, Shulgi.
La morte di Ur-Nammu è celebrata in un inno di lamentazione che, più delle gesta compiute dal sovrano in vita, si diffonde sull'accoglienza riservatagli dagli dei dopo la morte e sulle funzioni assegnategli negli Inferi.


A suscitare il maggior interesse fu il fatto che ci si trovava in presenza di una serie di leggi che per tanti aspetti erano molto simili alle leggi di Mosè. (Da notare che tra le due legislazioni c’è una differenza dì parecchi secoli).
Diamo qui di seguito alcuni accostamenti.
Codice di Hammurabi
o del figlio di un cittadino, il suo occhio sarà distrutto».
Art. 197 : « Se egli spezza l’osso di un cittadino, il suo osso sarà spezzato.».
Art. 200: «Se un cittadino, butta giù un dente ad un altro, il suo dente gli sarà buttato giù ».
Art 250: .«Se un bue condotto per la strada cozza un cittadino e lo uccide, questo caso giudiziario non avrà diritto di processo».
Art. 231: «Se il bue del cittadino è stizzoso e se il suo magistrato l’ha dichiarato stizzoso, ma (il cittadino) non ha mozzato le sue coma, non ha legato il suo bue e poi questo bue cozza un figlio di un cittadino e lo uccide, (il cittadino) dovrà pagare una mezza mina d”argento ».
Leggi civili di Mosè
Lev. XXIV, 19, 20: «Quando uno avrà fatto una lesione al suo prossimo, gli sarà fatto com’egli avrà fatto: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli sarà fatta la stessa lesione che egli avrà fatta all’altro ».
Deut XLX, 21 : « L’occhio tuo non avrà pietà: vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede ».
Esodo XXI, 28, 29: «Se un bue cozza un uomo o una donna sì che muoia, il bue dovrà esser lapidato e non se ne mangerà la carne; ma il padrone del bue sarà assolto. Però, se il bue era già da tempo uso cozzare, e il padrone n’è stato avvertito, ma non l’ha tenuto rinchiuso, e il bue ha ucciso un uomo o una donna, il bue sarà. lapidato, e il suo padrone pure sarà messo a morte ».
Le somiglianze tra queste leggi babilonesi e quelle bibliche, dunque, sono notevoli; ma notevoli sono anche le differenze.
Nelle leggi babilonesi le proprietà sono importanti come le persone. In ambedue i casi i reati hanno lo stesso tipo di punizioni; nelle leggi bibliche solo i reati contro la persona comportano pene fisiche, mentre i reati contro le proprietà prevedono punizioni in denaro o beni.
Viene fatto notare da alcuni che il Codice di Hammurabi è essenzialmente utilitario, sfornito del senso della persona umana. Inoltre è estremamente duro nei confronti dei poveri e di una estrema severità per chiunque mostri pietà nei confronti degli schiavi.
I suoi favori vanno, ai grandi, a coloro che sono avvantaggiati in questo mondo; nessuna sollecitudine per i bambini, i vecchi, i deboli o gli stranieri.
Può comunque essere possibile che le leggi ebraiche avessero ereditato dai Babilonesi certe soluzioni di problemi specifici.
Gli ebrei, quando si trovarono in esilio in Babilonia, vennero a conoscensa di queste leggi, presero quelle che volevano e le attribuirono a Mosè. Questo personaggio fu inventato come elemento unificatore delle varie storie che circolavano ed ovviamente si inventarono che Mosè ebbe le tavole della legge, ma che in realtà queste leggi furono prese dal codice di Hammurabi. Questo lo vediamo in tutto il pentateuco specialmente nel libro del Levitico, che appartiene alla tradizione sacerdotale.