domenica 15 maggio 2011

Pèsach פסח, la "Pasqua" ebraica


Pèsach פסח, la "Pasqua" ebraica, cade il 15 del mese di Nissan e dura otto giorni: i primi due sono Moed, i successivi quattro Cholamoed e gli ultimi due ancora Moed. La funzione di questa ricorrenza è ricordare l'uscita degli ebrei dall'Egitto.

Il termine Pesach appare nella Torah. Dio annuncia al popolo di Israele, schiavo in Egitto, che lui lo libererà, egli dice: "In questa notte io passerò attraverso l'Egitto e colpirò a morte ogni primogenito egiziano, sia fra le genti che tra il bestiame"
Ad ogni modo, ordina al popolo di Israele di marcare gli stipiti delle loro porte con del sangue di agnello cosicché
"Io vedrò il sangue e passerò oltre (= Pèsach פסח ), colpirò invece con il mio castigo l'intero Egitto, e a voi non succederà niente".
La frase "passerò oltre" viene resa con la parola Pesach; da questa trae origine il termine italiano Pasqua. Dal punto di vista storico-archeologico molti studiosi concordano nell’individuare nella moderna Pesach l’unione di due festività preesistenti e distinte. Una era la Pasqua dell’uccisione dell’agnello e l’altra gli Azzimi del pane non fermentato. La natura di passaggio e spostamento della festa di Pesach riporta ad usi pastorali premosaici (una sorta di transumanza), mentre gli Azzimi risalirebbe alla religione Cananea (di tipo agrario). Nella Bibbia si possono trovare tracce (cf Es 23,15; 34,18) di una celebrazione ancora disgiunta delle due feste fin dopo la penetrazione ebraica nella terra di Canaan.



Altri nomi di questa festa sono:
Hag Ha-Matzòt (festa delle azzime), in memoria del pane non lievitato mangiato dagli ebrei durante la fuga;
Zemàn Cherutenu (tempo della liberazione), perché ricorda, appunto, l'uscita degli ebrei dall'Egitto e dunque la loro definitiva consacrazione a popolo;
Hag Haavìv (festa della primavera).




Sefirat Ha-Omer
La Torah comanda di portare, a partire dal primo giorno di Pesach, una certa misura (òmer) di orzo dell'anno stesso in offerta al Bet Hamikdash, il Tempio di Gerusalemme: questo ha la funzione di far ricordare che di tutto ciò che la terra produce è Dio il solo vero padrone.


Oggi, non esistendo più il Bet Hamikdash, si "conteggia" l'omer tutte le sere durante l'Arvit: questo conteggio si chiama Sefiràt Ha-Omer e dura fino a Shavuot, la festa della Torah (di cui parlerò approfonditamente in un altro post) che arriva sette settimane dopo Pesach. Quindi per "periodo dell'Omer" si intende quell'arco di tempo che va dal 15 di Nissan al 6 del mese di Sivan: in questi giorni ogni Shabbat, dopo Minchà si usa leggere il Pirkèi Avòt, le massime dei padri di Israele.


Il 33° giorno dell'Omer si chiama Lagbaomer:


Korban Pesach
In ricordo dell'agnello sacrificato dagli ebrei il giorno prima della fuga dall'Egitto, il cui sangue, secondo la Torah, fu cosparso sulle porte delle loro case in modo che l'angelo della morte mandato da Dio le oltrepassasse, si praticava il sacrificio rituale di un agnello il 14 di Nissan (Korbàn Pèsach). La parola "Pesach" infatti significa "oltrepassare".


Oggi, dato che il Tempio di Gerusalemme non esiste più, tutti i sacrifici sono proibiti; di conseguenza il Korban Pesach viene solo ricordato mangiando l'aficòman (di cui parlerò in seguito).




Astensione dai cibi lievitati
Durante tutti gli otto giorni di Pesach è vietato mangiare cibi lievitati (chamèz), per ricordare che gli ebrei il giorno prima della loro fuga dall'Egitto non ebbero il tempo di far lievitare il pane per prepararsi all'esodo. Questa regola viene osservata molto scrupolosamente da generazioni.


Ci si deve astenere da tutti i cibi composti da frumento, orzo, avena e che sono o possono essere fermentati. Ma non è tutto. E' obbligatorio astenersi anche da tutti quei cibi di cui si possa avere anche il minimo dubbio che siano composti anche in piccole parti da sostanze lievitate. In alcuni luoghi ci si astiene anche da riso, fagioli, granturco e altri legumi: ma questo dipende dalle tradizioni locali.


Non basta evitare di mangiare chamez: è obbligatorio pulire rigorosamente la propria casa per eliminare anche la più piccola traccia di sostanze lievitate. Tutte le stoviglie di cui ci si serve durante l'anno devono essere arroventate nel fuoco o immerse nell'acqua bollente per sterilizzarle e vanno riposte in un armadio: durante Pesach si utilizzano piatti, bicchieri, posate e pentole opportunamente conservati durante l'anno in vista di questa ricorrenza.


Se si è in possesso di grandi quantità di farina o di sostanze proibite, per evitare di buttarle e quindi subire una perdita economica considerevole, si usa "venderle" gratuitamente ad un non ebreo compilando un contratto apposito (vedi link) che prevede la restituzione dei prodotti venduti alla fine della ricorrenza. In realtà questi non si muovono di casa durante tutti gli otto giorni, ma per quel periodo sono di proprietà di un'altra persona. Di fatto si tratta di una vendita simbolica.


Le pulizie di Pesach vanno ultimate la sera prima della vigilia, quando si fa la bedicàt chamèz, la ricerca simbolica dello chamez: si prendono dieci pezzettini di pane e si posizionano in dieci punti diversi della casa; si recita il Kol Chamirà (con cui si dichiarano nulli tutti gli eventuali residui di lievito rimasti accidentalmente in casa), si accende una candela e si va alla ricerca dei dieci pezzettini per rimuoverli. La mattina successiva si procederà a bruciarli (biùr chamèz).


Se durante un giorno di Moed capita di trovare delle sostanze lievitate queste vanno coperte e non è permesso toccarle: se ciò avviene di Cholamoed si prendono e si buttano nel bagno.


In sostituzione del pane tradizionale durante Pesach si mangia la matzà, il pane azzimo (plurale = matzòt), lavorato con estrema cautela per evitare, durante la lavorazione, la fermentazione. La mattina della vigilia è vietato cibarsene fino alla sera, durante il sèder, per gustarlo di più.




Tre matzot




Seder
La prima e la seconda sera di Pesach si organizza un sèder (ordine), in cui ci si riunisce a cena solitamente tra parenti e si mangiano diversi cibi con significati simbolici diversi.


Aficòman: tre matzot vengono messe una sopra l'altra; l'aficoman è la metà della seconda.
Karpàs (gambo di sedano): in ricordo della concomitanza di Pesach con la primavera e la mietitura.
Maròr (erbe amare, solitamente insalata): per ricordare l'amarezza della schiavitù subìta in Egitto.
Zeruà (coscia di agnello): in ricordo del Korban Pesach che si faceva ai tempi del Bet Hamikdash.
Beitzà (uovo sodo): in segno di lutto per la morte di tanti ebrei in Egitto e per la distruzione del Bet Hamikdash.
Charòset (marmellata di frutta secca e vino): in ricordo della malta con cui gli schiavi ebrei fabbricavano i mattoni.




Durante il Seder si legge l'Haggadà di Pesach, ovvero la narrazione della storia della liberazione degli ebrei dalla schiavitù d'Egitto.




Digiuno dei primogeniti
Tutti i primogeniti maschi dovrebbero digiunare il 14 di Nissan, per ricordare che Dio uccise tutti i primogeniti della terra d'Egitto oltrepassando gli ebrei. Sono esentati dal digiuno tutti coloro che hanno partecipato ad una seudat mitzvà (pasto rituale) che si fa in occasione di una Milà o alla chiusura di un importante limùd (studio di gruppo).


Se il 14 di Nissan cade di Shabbat il digiuno si anticipa al giovedì.




Morid Attal
A partire dalla Amidà del Musaf del secondo giorno di Pesach si sostituisce il Morìd Haghèshem (di cui già ho parlato nel post riguardante Sheminì Azeret) con il Morìd Attàl, con cui si ringrazia Dio per far cadere la rugiada.


Nei giorni di Pesach, ad eccezione dei primi due, si recita l'Hallèl (solo in parte), un inno di gioia.